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8.3.17

08/03/2017 - Lettera a mia figlia

Oggi è la festa della donna, ma per me resta “l’anniversario del primo giorno che mi hanno fatto una fotografia del tuo musino, bimba mia, dentro il mio pancione”.
Per la prima volta da quando ho compiuto 18 anni non uscirò a “festeggiare”, anche se non siamo mai uscite proprio l’8.
Penso a te, bimba mia, donna che sarai: che donna sarai? Che donne ci saranno attorno a te?
Lavoro in una officina meccanica, sono da due anni l’unica donna.
Ma qui se lo dimenticano.
Ma questa cosa del dimenticarsi che sono donna  anche se a volte è davvero pesante, un po’ mi fa sorridere, perché con la perdita dell’identificazione del “genere”  si perdono anche le discriminazioni. E i privilegi. Ma mica si può avere tutto! (o no?)
Discriminazioni che ho provato sulla mia pelle come tutte le donne, a volte generate dalle donne stesse ed è questo che fa più male!
Che donna sarai? Cerca di essere una che non discrimina.
Cerca di attorniarti di anime belle: ci sono, fidati, in mezzo alla massa giudicante! Cercale! Sono tesori preziosi, fari dentro i dubbi del nostro sesso.
Fai tuo il “panta rei” che ti insegno da quando sei nata (al di là del successo del momento): tutto scorre, e tutto si lava via; ogni parola, ogni torto, ogni persona che non sa amarti, lasciali andare non trattenerli.
Anche se fanno male.
Ma l’acqua salata del mare cura le ferite e le purifica.
Ti lascio con le parole di Pasolini  “Ti insegneranno a non splendere. E tu splendi, invece”.
Splendi sempre, quando c’è il sole e quando c’è la tempesta: sii una donna dal cuore di acciaio e dall’animo buono che si commuove per un fiore che nasce.
Ti voglio bene, la tua mamma
OrsaLè

8 Marzo 2017

10.2.17

Primo dentino

'Spetta, 'spetta, 'spetta...
E' da Ottobre che non scrivo in Taverna?? Ecco perché ci sono tutte queste ragnatele!

Il tempo scorre veloce tra le mie mani, molto di più di quello che pensassi..

Ho un'Orsetta che sta iniziando a leggere da sola, e giornate sempre un po' similari. Fino a ieri, quando ero a casa perché avevo portato dalla pediatra una Orsetta con un inizio di tonsillite; "mamma mi dondola un dente!" Il primo.. E piange lei emozionata. E piango, io che ero in ospedale quando ha iniziato a gattonare e a lavoro quando ha cominciato a camminare. Allora, anche la farmacista che con l'antinfiammatorio per la bimba, ti dà sottolineandolo, un paio di campioni di crema contorno occhi e antirughe, passa decisamente in secondo piano.

Passa in secondo piano la stanchezza, le mani screpolate, le lavatrici da fare.


E affiora solo la bellezza di un amore infinito "Mamma, tu mi vuoi bene oltre il mare? Io ti voglio bene oltre l'oltre!" (che poi, che meravigliosa dichiarazione d'amore è? ).

La bellezza di una bimba che cresce come un giovane virgulto sano.
La bellezza dell'attimo.

19.10.16

di scrittura e di fotografia

Ieri in un lungo post su facebook, il mio amato Cesare Cremonini spiegava come avesse tentato più e più volte di utilizzare i video o la fotografia sotto mille forme per comunicare,

"Ma alla fine, la cosa che mi piace, che mi pare possa poter suscitare qualcosa che vada oltre il nulla, è scrivere. Ovunque si riesca.
Scrivere. È meglio"
Post di Cesare del 17/10/2016

Ho sorriso: una volta avrei detto che aveva ragione e che le parole scritte sovrastano qualsiasi immagine, visiva o uditiva; nell'ultimo anno però sono cambiate tante cose e venire in contatto con persone che esprimono emozioni e vissuti in fotografia mi ha fatta cambiare.

Ognuno ha la sua "lingua" (e non intendo certo l'idioma), quella con cui riesce a comunicare meglio e non c'è un valore assoluto, una che sovrasta in tutto e per tutto le altre.

Di certo ognuno ne ha una che sente più sua per comunicare: io non sarò mai una fotografa eccelsa, ma sto comunque imparando ad apprezzare chi esprime concetti / vissuti / emozioni con la fotografia, come ho imparato ad amare da piccola, chi queste cose le metteva su tela.

Quanto è ampia la sfera della comunicazione! Quanto è bello non restare fossilizzati!


6.8.16

pronti, partenza....

In questi giorni di corse infinite, prima delle ferie lavorative, ho provato spesso a fermarmi e a cercare un confronto con il mio agosto dello scorso anno.

E' stato strano trovare delle analogie: per molti aspetti della mia vita: in questi dodici mesi ho cercato di migliorare, di cambiare, o di accettare quello che non volevo / non potevo cambiare.

Eppure mi sono trovata ancora a certi bivi e ho scelto ancora la stessa strada, che mi ha portata in un vicolo chiuso.

A cosa è valso impegnarsi allora? Se tanto il risultato è stato lo stesso, a cosa è valso mediare, "lavorare" per migliorare, mettersi in gioco? E' valso il viaggio. E' valso tutti i momenti felici che ho avuto, ogni sorriso, ogni risata. Effettivamente impegnarsi è valso, tanto.

Anche se lo sto dicendo seduta dentro una buca profonda del mio umore blues.

Ho corso talmente tanto che anche il mio corpo, questa sera, di fronte alle mie amate montagne e al mio lago del cuore, si è lasciato andare.

Prendere e lasciare andare,
prendere e lasciare andare.

Essere presi e lasciati andare,
essere presi e lasciati andare.

Dodici mesi di equilibri cercati, creati, voluti.

Oggi mi sono stupita ancora una volta dell'emozione dei miei genitori quando li abbraccio: se penso al fatto che non potrei mai rinunciare agli abbracci di mia figlia, se penso che un giorno questa terribile cosa accadrà, spero che anche lei come me rinsavisca e mi circondi di carezze e abbracci come cerco di fare con i miei.

Ho una valigia di fianco alla porta, domani partirò di nuovo.
Potrei avere sei ore di sonno, ma verranno erose dal tempo per svuotare la lavastoviglie e da quello per chiudere casa: ci sarà tempo, per dormire.

Vado a mettere in carica l'anima e il cuore e poi torno.

Basta poco, giusto il tempo di qualche abbraccio.

Vi voglio bene, anche se siete in pochi.
Vi voglio bene e vi faccio una carezza sul viso.

Buone vacanze!

29.4.16

Sono due giorni che ti penso, Anna.
Mi sarebbe bastato dirti: "Anna, quattro." E tu avresti capito.
E non mi avresti detto
"ma tu perché pensi a questi anniversari?"
"la vita va avanti, perché pensi a queste cose?"
"ancoooooooraaaa??!"

No.

Mi viene in mente tutto quello che non mi avresti detto, ma faccio fatica a pensare a quali sarebbero state le tue parole.

Tolgo frasi appese alla bacheca, che non rappresentano più il mio "adesso"; faccio spazio vuoto a frasi che verranno.

Tu resti,
gioiello prezioso della mia vita.

Mi manchi.

25.2.16

C'è una cosa di cui non ho parlato, ma è arrivato il momento di farlo.
Questa immagine mi è rimasta dentro e mi scava, lentamente; salta fuori dopo le giornate dure, quando in macchina mancano ancora 30 - 40 minuti ad arrivare a casa e la notte è buia e io non ce la faccio proprio più. Allora salta fuori la tristezza, che chiama con se ricordi tristi, che escono rapidi e in sequenza, come se si fosse aperto il loro personale "vaso di Pandora".

E quando la stanchezza è tanta e la tristezza inzuppa tutto il cuore, allora ricompare quell'immagine.

I primi di settembre, la sera dopo il matrimonio di amici, la corsa verso l'hospice, la zia morta.
Ma non è questo.

Le decisioni da prendere, la scelta dei vestiti, la razionalità che mi guida.
Ma non è neanche questo.

L'attesa, lunga, lunghissima in corridoio per gli ecg obbligatori, la stanchezza della giornata, il silenzio della notte, il saluto nella camera mortuaria.
E non è neppure questo.

La stanza vuota illuminata a giorno, rispetto al corridoio semi buio, che appare dalla porta socchiusa.
Il letto già senza più lenzuola.
E soprattutto,
la finestra aperta.

Eccola.

La finestra aperta, col vento gelido di quella notte che spira in tutta la stanza, che fa roteare e muovere vorticosamente le tende.

I pini che urlano alla loro maniera, con le fronde.

Il vento che corre forte, fortissimo, e sembra risucchiare via le anime di chi non c'è più e che sconvolge l'esistenza a chi c'è ancora.

Quell'immagine lì, che mi ha fatto fermare e dire "se ne è davvero andata".
Quell'immagine lì mi perseguita.

Perché in quella scena vorticosa, non c'è solo mia zia, ma mi appaiono tutti gli altri che non ci sono più e che mi mancano e quando sono triste, li sento ancora di più.

12.10.15

Sabato sera -

Non pensavo si potessero davvero azzerare i pensieri.
Non pensare a nulla e avere il sorriso sulla faccia, guardando il profilo dell'orizzonte sfilare a fianco, sui toni del viola e del blu dopo un tramonto già passato che si tramuta in notte.
Fluire solo con la moto, piegando quando c'è da piegare, frenando quando c'è da frenare, ascoltando le vibrazioni che la strada impone, il rombo del motore e il vento all'interno del casco.

E non pensare
davvero
a niente.

Nulla.

Il silenzio più totale.

La pace dell'anima, della mente, del cuore,
tutto incredibilmente fermo e immobile.

Rilassare i muscoli, le braccia, il viso contratto, il respiro che rallenta tranquillo,la vita che passa sotto i miei piedi una curva dopo l'altra, senza fare male.

Senza dire una parola,
ne con la bocca, ne con il cuore.

2.10.15

Passaggio di testimone

Ci sono ricette che sono preziosi ricordi.
Quella di oggi ha un profumo e un gusto particolare: sa di infanzia, di legame materno, di partecipazione alla preparazione della festa.

E' una ricetta preziosa, che profuma la casa dal giorno prima della cottura, inebriando i sensi di cioccolato fondente, di cacao amaro, di amaretti, biscotti secchi, rum e cognac.

E' una torta impegnativa e verso la quale ho sempre un timore reverenziale: domani la cottura.

Oggi l'assaggio dell'impasto, affidato a mia figlia, come una volta facevo io prima di lei:
"Orsetta, ci sono tutti i sapori? Secondo te è abbastanza dolce o ci vuole ancora un po' di zucchero?"
E ci ha pensato, seriamente e mi ha risposto, con suo gusto e allo stesso tempo correttamente.

Era felicissima, lei, investita dell'onere-onore.

Sono con le lacrime agli occhi, io, ora che posso non farmi vedere.

15.9.15

Rumori

Oggi ho per la testa solo rumori di cucina.
Il rumore del santoku sul tagliere di legno d’ulivo mentre taglio carote a dadini per il soffritto, netto, preciso e secco.
L’acqua che borbotta mentre bolle in attesa della pasta e il vapore che sale in movimento continuo, come un coro gospel.
I miei denti che mordono un pezzo di sedano croccante rubato alle preparazioni.
Le mezze maniche che scivolano dal contenitore al piatto della bilancia.
Poi le penne.
Poi i risoni.
Poi il riso.
Suoni ogni volta differenti, dal più grave al più acuto. L’avete mai notato? Che ogni pasta ha il suo rumore: perfino gli gnocchi fanno un piccolo *puf* nel piatto.
Il rumore della mannaia tenuta a due mani, che fende l'aria per tagliare il collo del fagiano selvatico, che si mischia al mio respiro trattenuto.
Quello del guanciale rigorosamente assisano che sfrigola lento nel suo stesso grasso.
Quello della mezzaluna che va e torna rapida sminuzzando prezzemolo.
Quello del coltello, più preciso, sminuzzando rosmarino ed erbe aromatiche.
Quello lieve lieve, mentre eviscero pesce fresco.
Quello sussurrato, della pasta che lievita nella ciotola in vetro, al caldo.
Mi manca la cucina. Mi manca cucinare, per piacere. Mi manca cucinare quello che mi gira.

Mi manca soprattutto, il poterlo mangiare.
E questo pensiero ha il rumore di una tazza che cade e va in frantumi, spargendo per gli angoli della casa la sua essenza che era e non sarà più.

Tornerò a godere dei rumori.
E dei profumi, almeno.

8.9.15

Attimi

Entra il fumo acre, aspirato con voglia,
esce tutto il nero stipato nei polmoni.

Respiri profondi per espirare meglio.

Fumo avidamente il mio sigarillo alla vaniglia.
Avidamente elimino ogni dolore, nero, paura.

Resta circoscritto all'attimo,
resta il vizio del momento limitato nel tempo.

Non ci sarà più tardi,
non ci sarà domani.

Per pulirmi l'anima e smuovere ciò che è senza senso,
devo sporcarmi i polmoni di caldo fumo denso.

5.9.15

“Sorseggia la vita senza fretta,
con dolcezza.
Cerca di non sprecarne neanche una goccia
e di bere con un Amico al tuo fianco,
anche se orso
anche se oste.”
05 settembre 2005

Il primo post della Taverna.

Rileggendo i primi post, mi sembra di essere un’altra, di non saper scrivere più così profondamente. Recentemente l’ho pure detto a qualcuno: mi sembra di peggiorare negli anni con la scrittura, non di evolvere.

Ma la Taverna è qui, con 10 anni di storia alle spalle, ed oggi è il suo blog-compleanno!

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Con sommo dispiacere quest’anno non mi sono lasciata interrogare dalla voce della montagna: arrivavo da troppi mesi di tensione e il vento è riuscito solamente a levigarmi e a prepararmi per il mare.

Quest’anno è il mare ad avermi parlato e a lungo.

Un giorno, in particolare, senza sole, con le onde alte; era pomeriggio, ero sola (senza figlia ne marito) in spiaggia e mi sono tuffata lo stesso, nonostante i flutti, insieme a pochi pazzi, ricacciando indietro la domanda “e se ti succede qualcosa e non hai dietro neppure la carta di identità?” tipica da nonna apprensiva.

Sono rimasta lì un’ora buona a lasciarmi trasportare da quella massa potente. Venivo sollevata con i piedi almeno a un metro da terra e non riuscivo a fare altro che ridere come una matta!

All'improvviso mi sono resa conto che la mia vita dell’ultimo anno era stata come essere immersi in quelle onde, con la sostanziale differenza che ho cercato ogni volta di dare spallate invece che adeguarmi al flusso, con la sensazione di essere sola al mondo anche se non lo ero davvero e senza la carta di identità a ricordarmi chi ero in tutto quel trambusto.

Sono finita una volta sott'acqua e ho pensato a quante volte nei mesi ci sono finita, senza respiro.
Ho cercato di uscire dal mare, ma con la sua forza mi risucchiava dentro e per poco non ho rischiato di cadere: sembrava davvero impossibile uscirne sul serio.

E una volta fuori? Ho desiderato subito tornare dentro a quell’agglomerato di potenza e forza e movimento. E ci sono tornata. E in mezzo a quel non essere padrona di me stessa e di dove potevo andare, ridevo come una matta.

E’ inutile pensare di non essere più quella di un tempo: lo sono e non lo sono, come una bottiglia di Sagrantino che invecchia. Se penso a quanto poco posso bere vino ora! Se penso che non potrei proprio! Io, che ho aperto una “Taverna” virtuale dove versare bottiglie di vita! Che Crohn mi abbia influenzata anche in questo senso e il “non bere” fisico abbia influenzato il “non gustare appieno” le bottiglie che la vita mi ha proposto?

E’ inutile pensare di cambiare tipo di vita: posso smussarla e migliorarla in parte, ma è a questa vita che appartengo e che voglio appartenere e devo eliminare i paravento che si sono creati con gli anni per non mostrarmi più angoli bui e anche angoli assolati di questo luogo che è l’essere me.

Si abbandonano passioni, se ne aggiungono di nuove, si coccolano quelle vecchie: vorrei saper tornare a scrivere in versi semplicemente, ma mi riesce così difficile ora… questo sì lo rimpiango, perché vuol dire che non riesco più a sentire il mio cuore dialogare con l’anima, mentre prima mi uscivano versi tipo

“...Colorami di vita...
Che cosa useresti?”

Con la stessa facilità con cui dicevo:

“Chessimangia stassera…
Pizza?”

In realtà, pensandoci meglio non è che non sento più il cuore dialogare con l’anima: è che si è messo di mezzo il cervello!

Ci sono arrivata all'improvviso, ragionando su un discorso fatto con un Ghost Rider incontrato per caso: all'inizio della Taverna per scrivere versi mi bastava staccare il cervello e lasciare libero spazio a cuore e anima, ma ora non più… Il cervello non ne vuol sapere di scollegarsi, vuol dire la sua, vuol dare il suo punto di vista, la sua inquadratura. Ma non mi è impossibile scrivere versi, devo solo lasciare che questi tre amici si accordino sul soggetto, l’oggetto e il punto di vista da prendere, come per fare una bella foto, come per comporre una nuova canzone.

Taverna mia, non sei più il posto delle sole bevute spensierate e ridanciane! Stai diventando il circolo dove fumare un buon sigaro e bere bene, dove ridere ovvio, ma anche dove parlare di cose serie, serissime.

Ti voglio bene. E volendo bene a te scopro di volerne un po’ di più a me stessa e a tutti quelli che hanno lasciato un segno sui tuoi tavoli, sui tuoi bicchieri, e a quelli che incontrerò nuovi e di passaggio, anche se sono sempre meno dato che il web ha altri tempi ed altri spazi rispetto a dieci anni fa.

Che senso hai? Chiedevo qualche tempo fa, data la raccolta di nero che ti accompagnava.
Hai il senso di essere me, di raccogliere tutti i pezzi di me, o almeno di raccogliere quelli che non voglio si perdano nella memoria dei giorni. Hai il senso dell’incontro, della condivisione, del percorso di analisi privato e pubblico insieme. Hai, ancora dopo dieci anni, molto moltissimo senso.

E quindi Prosit! Taverna mia,  Za zdorovie!
E Spasiba, di vero cuore.

Buon viaggio, lacio drom.

Buon viaggio, share the love.

29.5.15

Stare un passo indietro
pronta però per fare due balzi in avanti, se necessario.
Anche con i tacchi.

Quanto è difficile.

Oggi mi manchi tanto O. , lo sai?


26.11.14

Quando manca l'aria,
quando proprio manca,
se riesco ad accorgermene in tempo, giusto quell'attimo prima che parta anche la mancanza di terra sotto i piedi,
e se ho la fortuna che questo capiti in inverno,

respiro aria gelata.

Metto fuori la testa dalla finestra e respiro a pieni polmoni aria gelata.

Allora tutto si congela
per quella frazione di secondo sufficiente a resettare il cervello,
a rilassare le membra,
a proseguire come niente fosse.

Aria gelata.

6.10.14

E d'improvviso t'accorgerai
che ti è solo stato dato indietro
solo quanto hai donato,

che l'amicizia vera
conosce fin nel profondo dell'animo,
senza sconti,
ma anche senza pene,

e che niente torna indietro,
tutto cambia incessantemente,

che le ferite sanguinano
anche quando sono cicatrici.


Autunno sfoglia alberi
come fossero margherite di campo
e ogni foglia è un pensiero
che si deposita sulla mia anima.

28.2.14

di uova rotte nel paniere

Ieri sera spesa con la Polletta. Era contentissima di venire, ma poi si è stancata, io pure e sono partiti i capricci (suoi) e il muso duro (mio).
Tornati a casa, ancora con il broncio entrambe, mi aiuta a sistemare la spesa (lei prende le cose dal sacchetto, io le ripongo); indugio un momento di troppo su una confezione e succede l'irreparabile: ha deciso di prendere la confezione delle uova (che non doveva prendere), con tanta, troppa foga. Risultato? La confezione di plastica delle uova sfugge all'involucro di cartone e vola per la cucina scaraventandosi sul pavimento, aprendosi, rimbalzando e eiettando in aria tutte e sei le uova.

Terrore negli occhi della Polletta incredula.
Mamma Orsa che si trasforma in Godzilla.

Che poi lo so che se lascio le uova alla portata di una bimba di 2 anni e mezzo e le uova si sfracellano a terra è ancora colpa mia, che è piccola e tutto quel che volete.

Però ero davvero tanto stanca e mi sono arrabbiata tantissimo, soprattutto perché non avevo voglia di cucinare cose al di fuori della cena già stabilita e anelavo a una dormita colossale.

Ci ho messo un paio d'ore a farmela passare, sapendo di sbagliare anche in questo caso.

Però poi ci siamo chieste scusa a vicenda, guardando il plumcake - esperimento, che lievitava baldanzoso nel forno (delle 6 uova, 1 si è salvata, 1 ha perso l'albume e le altre erano "solo" crepate in modo vistoso).

Questa mattina l'abbiamo mangiato di colazione: era meraviglioso! E ve lo dice una che non ama molto i plumcake!

Così mi è uscita una "perla di saggezza" che ho condiviso subito con la Polletta:

"Vedi", le ho detto "alla fine si sono rotte le uova, ma abbiamo ottenuto un plumcake buonissimo! Sai, bisognerebbe sempre fare così anche nella vita. Succederà che le cose non vadano come vorremmo o vadano proprio male: bisogna cercare di tirare fuori il bello e il buono da ogni situazione!"

Lei mi ha guardata, e mi ha risposto " *munch**munch* si si *munch**munch*", e mi è andato bene così.

Ma ho aggiunto "Questo non vuol dire che la prossima volta devono cadere per terra 6 uova per fare una torta eh!!!".

E abbiamo riso. Tantissimo. : )

7.2.14

ultima lezione

E così è andata anche l'ultima lezione.
E' stata bella, divertente, interessante e abbiamo sforato di 1 ora rispetto al programma.
Ho realizzato uno dei sogni che sedimentavano nel fondo dell'anima, molto propensi a restare là: imparare a temperare il cioccolato. Diciamola meglio và: imparare la teoria e visualizzare la pratica corretta che porta a temperare il cioccolato.La voglia di provare, ora, è infinita.
Ho scoperto un dolce che ho sempre snobbato: i Macarons. E, come dire, UAU. (e pure questi sto seriamente meditando di farli).

Ho finito il corso capendo che la pasticceria, come del resto la cucina, come del resto la vita,  è una pratica rigida e Zen allo stesso tempo scandita da tempi corretti, azioni e attese. e "l'Amore" che si può  mettere nei piatti / dolci che si preparano è proprio il rispetto di queste 3 cose. L'Amore verso se stessi, è fatto dal rispetto di queste 3 cose e senza queste 3 cose anche Amare gli altri diventa un groviglio destinato solamente ad attorcigliarsi su se stesso in preda alla fretta di rincorrere azioni e all'accorciare attese.

C'è un libro che amo molto, è il piccolo Principe. In uno dei capitoli, il piccolo Principe incontra un venditore di pillole che calmano la sete per una settimana: le vendeva perché così la gente poteva risparmiare 53 minuti a settimana

"E che cosa se ne fa di questi cinquantatré minuti?"
"Se ne fa quel che si vuole.. ."
"Io", disse il piccolo principe, "se avessi cinquantatré minuti da spendere, camminerei adagio adagio verso una fontana…"

da brava Brianzola, la digestione di questa frase non è mai stata completata.
Ma prima taiji, poi la nascita della Polletta e infine questo corso, mi hanno portato a "farla mia".

Davvero, io non pensavo, non credevo, che un corso di pasticceria potesse darmi altro oltre alle indicazioni tecniche e pratiche di esecuzione delle ricette: ho ricevuto in cambio la chiave per scegliere ogni giorno, almeno un pochino, di varcare la soglia del cambiamento.

E, che dire: UAU.

31.1.14

E', credo, dalla prima lezione del corso di pasticceria che "scherzo" (ma mica poi tanto), sul fatto che fare davvero pasticceria è un'arte Zen. Ma più le lezioni proseguono e più provo a toccare con mano le ricette e i tempi, più mi accorgo che non è una banalità. Così ieri sera, all'ennesima stoccata tirata a J. quando ci intimava di girare lentamente la glassa, pena antiestetiche bollicine d'aria sul prodotto finito ("Niente da fare, arte Zen anche qui" gli ho detto), lui ha parato il colpo e affondato con un "sì è Zen. Dopotutto è un'intera e intensa scelta di vita".

Colpita e affondata.

Perché che ci fosse un filo rosso che unisse il mio percorso di Taiji a quello di questo corso di pasticceria, proprio, non lo credevo possibile.

Ho addosso un grande senso di disagio per come sto conducendo la mia vita in questi giorni e queste parole hanno colpito nel segno.

Mi aggrappo a questa frase, trovata tempo fa sulla rete, non ricordo neanche dove:

"PEACE.
It does not mean to be in a place where there is no noise, trouble or hard work. It means to be in the midst of those things and still be calm in your heart"                      - unknown - 

(Pace. Non significa essere in un luogo dove non c'è rumore, problemi o duro lavoro. Significa essere nel mezzo di quelle cose e continuare ad essere sereno nel tuo cuore.    - anonimo - )

23.9.13

Colori, colori e ancora colori in questo fine settimana.
Di tutte le forme, di tutte le tonalità, di tutti i sapori.

E per non perdere il ritmo, oggi indosso un maglione color senape e ho fatto mettere all'Orsetta una bella maglia color verde evidenziatore.

Colori, colori, colori nella loro ciclicità, che l'autunno non è la stagione della morte, ma la stagione del saluto e della promessa di una primavera che arriverà.

Messaggio con animebelle che sono in grado di farmi sorridere anche quando dovrei essere io a far sorridere loro.

Mangio come non ci fosse un domani, con buona pace del puntovita.

Dormo serena, nonostante tutto, e il mio corpo ne è testimone.

Cresco, invecchio, vivo.

"Mamma, ti voglio bene, vero?" 
(dove "vero" è usato come intercalare un po' ovunque)
E in quel momento, vivo ancora di più

6.9.13

Otto anni

Otto anni di Taverna.
La voglia di avere tutti i post in formato cartaceo, ma in ordine cronologico crescente resta, ma si assottiglia la fattibilità con il passare del tempo data la titanica impresa.

Dove sono? Dove vado?

Ho passato un mese di agosto bellissimo, divisa tra il mare dell'ultimo paese Veneto e le montagne tanto care: ho fatto fatica a riabituarmi ad una Orsetta e ad un Orso marito 24 h / 24, ma alla fine ho goduto ogni momento.

Anche i momenti di voragine che ci sono stati.

Perché ho riscoperto che ho accanto davvero l'uomo della mia vita, e non è così scontato cancellare la patina della faticosa quotidianità che negli ultimi mesi era diventata opprimente e trovarci motivi di scelta dell'altro diventati più forti, più radicati, più veri di 5 anni fa.

Autunno, ti aspetto, con le tue foglie e i tuoi frutti.




28.6.13

Eccoci alla fine del primo anno di asilo nido.
UAU.

L'Orsina ora sa: lavarsi i denti, lavarsi le mani e la faccia, più o meno pettinarsi, mangiare e bere da sola.
Ama: ballare, saltare, giocare, colorare con i pennarelli, colorare con le tempere, colorare con i pastelli, stare all'aria aperta.

Ah sì, ama il Purè.

La sua mamma è più preparata a: mettere la crema idratante, mettere l'arnica per i doloretti, sedare sul nascere una dermatite "da contatto", una dermatite "da sudore", una dermatite "perchè sì".

E adesso arriva luglio. Un mese che sarà un barcamenarsi tra clienti, contabilità e spostamenti dell'Orsina e forse non solo! L'ultimo regalo del nido è stato l'arrivo della varicella... Aiuto.

Ho sentimenti rotolanti dentro di me, tanti e tali da non riuscire ad esprimerli: a settembre era un "e adesso? non ce la posso fare". Sono già passati 9 mesi.