5.9.15

“Sorseggia la vita senza fretta,
con dolcezza.
Cerca di non sprecarne neanche una goccia
e di bere con un Amico al tuo fianco,
anche se orso
anche se oste.”
05 settembre 2005

Il primo post della Taverna.

Rileggendo i primi post, mi sembra di essere un’altra, di non saper scrivere più così profondamente. Recentemente l’ho pure detto a qualcuno: mi sembra di peggiorare negli anni con la scrittura, non di evolvere.

Ma la Taverna è qui, con 10 anni di storia alle spalle, ed oggi è il suo blog-compleanno!

*********************************************************************************

Con sommo dispiacere quest’anno non mi sono lasciata interrogare dalla voce della montagna: arrivavo da troppi mesi di tensione e il vento è riuscito solamente a levigarmi e a prepararmi per il mare.

Quest’anno è il mare ad avermi parlato e a lungo.

Un giorno, in particolare, senza sole, con le onde alte; era pomeriggio, ero sola (senza figlia ne marito) in spiaggia e mi sono tuffata lo stesso, nonostante i flutti, insieme a pochi pazzi, ricacciando indietro la domanda “e se ti succede qualcosa e non hai dietro neppure la carta di identità?” tipica da nonna apprensiva.

Sono rimasta lì un’ora buona a lasciarmi trasportare da quella massa potente. Venivo sollevata con i piedi almeno a un metro da terra e non riuscivo a fare altro che ridere come una matta!

All'improvviso mi sono resa conto che la mia vita dell’ultimo anno era stata come essere immersi in quelle onde, con la sostanziale differenza che ho cercato ogni volta di dare spallate invece che adeguarmi al flusso, con la sensazione di essere sola al mondo anche se non lo ero davvero e senza la carta di identità a ricordarmi chi ero in tutto quel trambusto.

Sono finita una volta sott'acqua e ho pensato a quante volte nei mesi ci sono finita, senza respiro.
Ho cercato di uscire dal mare, ma con la sua forza mi risucchiava dentro e per poco non ho rischiato di cadere: sembrava davvero impossibile uscirne sul serio.

E una volta fuori? Ho desiderato subito tornare dentro a quell’agglomerato di potenza e forza e movimento. E ci sono tornata. E in mezzo a quel non essere padrona di me stessa e di dove potevo andare, ridevo come una matta.

E’ inutile pensare di non essere più quella di un tempo: lo sono e non lo sono, come una bottiglia di Sagrantino che invecchia. Se penso a quanto poco posso bere vino ora! Se penso che non potrei proprio! Io, che ho aperto una “Taverna” virtuale dove versare bottiglie di vita! Che Crohn mi abbia influenzata anche in questo senso e il “non bere” fisico abbia influenzato il “non gustare appieno” le bottiglie che la vita mi ha proposto?

E’ inutile pensare di cambiare tipo di vita: posso smussarla e migliorarla in parte, ma è a questa vita che appartengo e che voglio appartenere e devo eliminare i paravento che si sono creati con gli anni per non mostrarmi più angoli bui e anche angoli assolati di questo luogo che è l’essere me.

Si abbandonano passioni, se ne aggiungono di nuove, si coccolano quelle vecchie: vorrei saper tornare a scrivere in versi semplicemente, ma mi riesce così difficile ora… questo sì lo rimpiango, perché vuol dire che non riesco più a sentire il mio cuore dialogare con l’anima, mentre prima mi uscivano versi tipo

“...Colorami di vita...
Che cosa useresti?”

Con la stessa facilità con cui dicevo:

“Chessimangia stassera…
Pizza?”

In realtà, pensandoci meglio non è che non sento più il cuore dialogare con l’anima: è che si è messo di mezzo il cervello!

Ci sono arrivata all'improvviso, ragionando su un discorso fatto con un Ghost Rider incontrato per caso: all'inizio della Taverna per scrivere versi mi bastava staccare il cervello e lasciare libero spazio a cuore e anima, ma ora non più… Il cervello non ne vuol sapere di scollegarsi, vuol dire la sua, vuol dare il suo punto di vista, la sua inquadratura. Ma non mi è impossibile scrivere versi, devo solo lasciare che questi tre amici si accordino sul soggetto, l’oggetto e il punto di vista da prendere, come per fare una bella foto, come per comporre una nuova canzone.

Taverna mia, non sei più il posto delle sole bevute spensierate e ridanciane! Stai diventando il circolo dove fumare un buon sigaro e bere bene, dove ridere ovvio, ma anche dove parlare di cose serie, serissime.

Ti voglio bene. E volendo bene a te scopro di volerne un po’ di più a me stessa e a tutti quelli che hanno lasciato un segno sui tuoi tavoli, sui tuoi bicchieri, e a quelli che incontrerò nuovi e di passaggio, anche se sono sempre meno dato che il web ha altri tempi ed altri spazi rispetto a dieci anni fa.

Che senso hai? Chiedevo qualche tempo fa, data la raccolta di nero che ti accompagnava.
Hai il senso di essere me, di raccogliere tutti i pezzi di me, o almeno di raccogliere quelli che non voglio si perdano nella memoria dei giorni. Hai il senso dell’incontro, della condivisione, del percorso di analisi privato e pubblico insieme. Hai, ancora dopo dieci anni, molto moltissimo senso.

E quindi Prosit! Taverna mia,  Za zdorovie!
E Spasiba, di vero cuore.

Buon viaggio, lacio drom.

Buon viaggio, share the love.

Nessun commento: