25.2.16

C'è una cosa di cui non ho parlato, ma è arrivato il momento di farlo.
Questa immagine mi è rimasta dentro e mi scava, lentamente; salta fuori dopo le giornate dure, quando in macchina mancano ancora 30 - 40 minuti ad arrivare a casa e la notte è buia e io non ce la faccio proprio più. Allora salta fuori la tristezza, che chiama con se ricordi tristi, che escono rapidi e in sequenza, come se si fosse aperto il loro personale "vaso di Pandora".

E quando la stanchezza è tanta e la tristezza inzuppa tutto il cuore, allora ricompare quell'immagine.

I primi di settembre, la sera dopo il matrimonio di amici, la corsa verso l'hospice, la zia morta.
Ma non è questo.

Le decisioni da prendere, la scelta dei vestiti, la razionalità che mi guida.
Ma non è neanche questo.

L'attesa, lunga, lunghissima in corridoio per gli ecg obbligatori, la stanchezza della giornata, il silenzio della notte, il saluto nella camera mortuaria.
E non è neppure questo.

La stanza vuota illuminata a giorno, rispetto al corridoio semi buio, che appare dalla porta socchiusa.
Il letto già senza più lenzuola.
E soprattutto,
la finestra aperta.

Eccola.

La finestra aperta, col vento gelido di quella notte che spira in tutta la stanza, che fa roteare e muovere vorticosamente le tende.

I pini che urlano alla loro maniera, con le fronde.

Il vento che corre forte, fortissimo, e sembra risucchiare via le anime di chi non c'è più e che sconvolge l'esistenza a chi c'è ancora.

Quell'immagine lì, che mi ha fatto fermare e dire "se ne è davvero andata".
Quell'immagine lì mi perseguita.

Perché in quella scena vorticosa, non c'è solo mia zia, ma mi appaiono tutti gli altri che non ci sono più e che mi mancano e quando sono triste, li sento ancora di più.

1 commento:

ziacris1 ha detto...

la stanchezza che acutizza la tristezza e il vento che smuove pensieri, brutto mix