Ultimamente, oltre di moto, sto parlando di fotografia.
L’Orsa
non si ritiene una brava fotografa, anzi, anche se le piace molto trovare frasi
o versi o didascalie alle foto che scatta.
Ho avuto la fortuna di incontrare
persone che “ne sanno” e con cui ho potuto parlare della “bellezza” a cui si
cerca di dare voce nel fotografare corpi, specialmente a quelli delle donne.
Tutto questo mi ha portato a riflettere sul rapporto
che ho con il mio corpo e con il mio corpo segnato dalla malattia. Il problema
è che io non riesco a vederla l'eventuale bellezza del mio. La bellezza in
questo corpo in disfacimento dall' interno, in disfacimento all'esterno, non
per età ma per malattia, io non la vedo.
Sono cicatrici che non scompaiono e non credevo
fosse davvero ancora così
E’ come se vedessi ogni volta solo i difetti: le
smagliature, la cellulite, le cicatrici… Come se provassi ancora quella sensazione
brutta, nel contare le mie costole come un Cristo deposto dalla croce, che ho
provato tornando a casa dall'ospedale.
Sono felice di come sono ora, spessissimo mi piaccio,
vestita bene, con i tacchi, truccata.
Ma non posso dire di amare il mio corpo. Ci tolleriamo a
vicenda.
Mi è tornato in mente un post di Anna (animabella, quanto mi
manchi e quanto ci sei sempre!) e mi ha fatto rendere conto che il mio percorso
per riappropriarmi del mio corpo è ancora tutto in salita, più di quanto
pensassi.
E che forse sì, guardarmi con occhi pieni di tenerezza,
potrebbe aiutare.
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