22.10.12

Di Felix, di Orsetta e di sentimenti vari

Sono settimane piene di ogni sorta di sentimenti.


Mi ronzano nel cervello a velocità supersonica e non riesco proprio a sbobinarli.

Come spiegare quello che ho provato vedendo Felix Baumgartner in diretta tv: per chi non l’avesse visto, è quel pazzo sponsorizzato dalla Red Bull & Co. per lanciarsi dalla stratosfera; un’emozione fortissima provata per uno che, a dirla tutta, rischiava la vita per una cosa “stupida”.

Come spiegare l’emozione dolce, duratura e che stordisce, nel guardare i primi “lavoretti” dell’asilo nido dell’Orsetta-cuore-di mamma.

Come spiegare l’emozione silenziosa per la notizia di una perdita. Perché io le amo tutte le mie cancer bloggers e spero di leggerle per i decenni a venire, ma c’è anche la dura realtà di chi non ce la fa, di chi dura a dir tanto tre mesi dalla diagnosi e non riesce neppure a scoprire cosa sia la “blog terapy”. E’ un lutto che mi colpisce come una retta parallela, indirettamente (se preferite), ma che lo stesso mi ha fatto pensare per giorni, perché quando ad andarsene è un genitore, anche se i figli sono grandi, è pur sempre un genitore. E solo adesso che sono madre, mi rendo conto che le parole “se tu continui a vivere lo porterai dentro di te, perché tu sei così anche grazie a lei” sono come acqua su una ferita infetta: non lavano niente, non medicano neppure. Perché quel cordone ombelicale che ci lega alle nostre madri, ai nostri padri, quel cordone che è stato reciso per la prima volta alla nascita e che più volte è stato reciso nella vita (quando abbiamo imparato a camminare, a vestirci da soli, quando abbiamo cominciato a scegliere come vivere, a vivere fuori di casa etc..) in realtà si riformava ancora e ancora, in un’invisibile legame inscindibile neppure dopo la morte.

E’ stato come un deserto.
Come guardare Gerusalemme dal muretto del Dominus Flevit.
Silenziosamente assordante.

Lo so, ci sono le fasi del lutto, piano piano poi ci si convive con il dolore e tutto il resto, ognuno con i suoi tempi, come spiegava bene il libro consigliato dalla Wide, ma penso che in fondo la sensazione costante sia un po’ quella di Baumgartner: un lancio nel vuoto nel quale mi hanno detto che ho assolute probabilità di arrivare alla fine sano e salvo, ma nel quale ci sono io e non loro.

Di certo è che il lancio, prima o poi, finisce.

E lui, nonostante i rischi corsi, è atterrato sano e salvo.

1 commento:

ziacris1 ha detto...

il lancio nel vuoto per dimostrare cosa? fatico a farmi una ragione di certe scelte, sarà perchè a me non puzza vivere