14.6.09

pranzi pantagruelici

Cucinare per gli altri mi da sempre una sorta di inspiegabile felicità.
E' impagabile
pensare (un menù)
ragionare (sui gusti degli invitati, sulle quantità)
prendere gli ingredienti (perchè è difficile avere tutto in casa)

creare (creare, plasmare, dare forma, profumi, sapori)

e condividere.

E' impagabile, anche se alla fine di tutta questa tensione, con la stanchezza che piomba addosso, con i piatti da lavare, con tutto da fare tornare alla normale quotidianità ci si sente svuotati.

E' come se per ogni pranzo o cena in cui credo, per cui mi adopero, per cui anche di notte mi sogno i piatti (e avolte ho delle ottime idee), mi privassi di un pezzo di me.

Una volta pensavo fosse colpa del mio smisurato ego.

Adesso credo sia un semplice bisogno di riversare diversamente il mio Amore alle persone a cui voglio bene.

E un pezzo di cuore se ne va ancora, insieme alla crostata ai frutti di bosco, in modo un pò amaro e nero come il caffè della moka che non sono più abituata a bere, in modo un pò dolce luminoso e trasparente come il passito di moscato che scende senza che ce ne si renda conto.

E un altro...

e un altro ancora....

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