31.7.15

Tabù e post peso

Ho bisogno di sputare fuori questa cosa, anche se è un po' che ne parlo con chi amo e ancora di più che ci medito da sola, ma non ne vengo a capo.

Oh insomma, è inutile che ci giro intorno, non c'è un modo delicato per dirlo.

E' giusto non informare un proprio caro del fatto che è malato terminale?

Ogni caso è a se. Ogni persona lo è. E potremmo stare qui ore a dire "bhe che cambia se glie lo dici e lo sa?".

La domanda cambia ancora.

Sapete che mi sono fatta i miei 20 giorni di ospedale.
Sapete che ci stavo lasciando le penne
che mi hanno ripresa per i capelli.

Forse non sapete, che parecchie sere mi sono chiesta se sarei mai uscita di lì.
(ricaduta pesissima nonostante 3 antibiotici in vena costantemente e altre amenità)

Se dovesse succedermi ancora, se dovessi essere sul serio irrecuperabile, terminale, insomma...
Lo vorrei sapere?
E,
me lo direbbero?

Ho una figlia piccola, così ancora piccola e avrei da dire ancora così tanto... Vorrei saperlo per potermi organizzare e scriverle almeno qualcosa... Vorrei saperlo per passare con lei e marito ogni secondo vivibile in modo decoroso,,, Vorrei saperlo anche se non so se avrei la forza di camminare diritta verso il limite ultimo.

A che età dei figli viene concesso/imposto/diventa accettabile il non far sapere all'ammalato?

Anna aveva ragione, la Morte è ancora un grande tabù.
In questi anni ne sto venendo a contatto e a patti, tante e tante volte.
Non giudico nessuno per le scelte fatte: appunto, le storie sono tante e diverse, le persone anche.
Giudico me stessa però. E giudico l'educazione che sto dando a mia figlia.
E ho ancora paura di quello che arrivare alla morte comporta.

E un po' di chiarezza in più con questo post tabù è arrivata.

26.7.15

quattro

Sto piangendo.
Sono due giorni che sto vivendo il pre parto e il parto di quattro anni fa, emotivamente e fisicamente... Non chiamate la neuro!!
Quattro anni e mi sembra stia accadendo tutto ora, mentre sento il respiro leggero della mia Polpetta nella camera accanto e penso a tutto quello che è cambiato nella mia vita in questi quattro anni.
Come corri, come cresci bene, merito di chi sta con te tutto il giorno, come scivoli via dalle mie braccia...
Ti voglio bene Orsettina.

19.7.15

Il problema non è entrare in un hospice.
Cammini, arrivi, lasci che le porte automatiche si aprano.
Sali i gradini e lasci che il tuo corpo si abitui alla nuova temperatura, che si abitui alla luce.
Lasci che i nervi si distendano con il suono della piccola fontana - piscinetta che c'è all'ingresso.
Lasci che i muscoli del viso si distendano guardando il salone colorato, "l'area relax".
Poi prendi un respiro e percorri i metri che ti separano dalla stanza e guardi con discrezione, perché magari hai capito male il numero, e poi ci arrivi, alla stanza.
E ci entri.

Il problema non è neanche parlare con chi è degente.
Coccolarlo, sorridere, parlare e stare in silenzio se necessario.
Farla sentire amata. Farle sentire la presenza. Farle sentire tutta la pace che si può.

Il problema,
almeno per me,
è uscire dall'hospice.
Uscire dalla luce, uscire dalla pace,
Essere ributtati nel quotidiano.

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A cosa serve una Taverna così piena di un nero elenco di cose negative?
Giorni, mesi, anni complicati.
Cuore ricucito in più punti.
Anima precaria.
Stanchezza, tanta, tantissima.
Senso di mancanza, forte.

Ne uscirò.