Ultimamente le cose sono un po' in salita, fisicamente e umoralmente.
Pensavo di aver fatto un passo avanti con il superamento del lutto, invece l'ennesima cattiva notizia mi ha devastata.
In questo caso è una malattia che dura anni, direi decenni, lenta che logora e peggiora invece di migliorare.
Una cosa che si sa, si attende, ci si aspetta.
Ma non si è mai pronti.
Non ci sono momenti migliori di altri, o parole più giuste di altre: non si è mai pronti a sentirsi dire: "sta andando, non lo vedrai più".
Si pensa di avere tempo per tutto: lo farò domani, lo sistemerò domani, ci parlerò domani, lo bacerò domani, gli chiederò se serve aiuto domani.
Domani
domani
domani.
avrò tempo prima che arrivi il temporale.
E invece il tempo non basta mai.
Quanto mi mancano le persone che mi hanno lasciato per sempre?
In questo momento mi mancano infinitamente: per gli occhi che non vedrò, per le parole che non mi diranno, tutto quello che non potrò condividere.
Venerdì santo sono finita in pronto soccorso.
Dall'autoradio, in macchina con Marito, è partita la nuova canzone di Cesare e mi sono messa a piangere, perché non l'avevo ancora sentita e quando era uscita "il comico" nel 2012 l'avevo sentita per la prima volta in macchina con marito in direzione ospedale per il ricovero per Crohn.
Ho pianto, perché sono in un periodo in cui mi risulta difficile scendere a compromessi con la mia malattia e con tutto quello che comporta e invece si torna sempre lì.
All'equilibrio da mantenere, al cerone per nascondere le pieghe del volto crepato, al domani che ci chiama e ci promette che ci sarà ma che in realtà è un bugiardo che non dice se ci sarà esattamente proprio per te.
Ama adesso, vivi adesso e blablabla, quando leggevo cose come questa mi sembravano cose belle ma anche un po' "sciocche". E invece l'adesso è l'unico momento di cui veramente si può avere certezza.
Perché è adesso che ho una vita da vivere, anche nel dolore, ma da vivere tutta.
E non aspetterò domani per dire alle persone a cui voglio bene che le amo.
Non cambierà niente, infondo, non è che le perdite saranno meno dolorose, ma almeno non starò chiusa in una stanza, seduta su una sedia, addolorandomi per tutto quello che avrei potuto fare e dire e abbracciare e che invece non ho fatto
perché
credevo
nel domani.
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